Sacrario della Polizia di Stato

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Un po’ di storia del Sacrario, ma non solo…

"Ricordo"

Dedica di Raffaele Scarpellino amico dei Commissari

Guarda ogni lapide affissa,
foto di uomini,
storie di vita passata,
lacrime di famiglie straziate,
sudore di uomini,
che hanno creduto fino in fondo alla divisa.
Il loro sacrificio non resta perduto,
la loro vita non è finita,
se nella tua mente
avrai sempre acceso il ricordo.

La Polizia di Stato ha sempre commemorato e continua a commemorare tutte le donne e gli uomini caduti in servizio, per non dimenticare l’altissimo sacrificio profuso dai suoi appartenenti nell’operare al servizio della gente con coraggio, fermezza e lealtà. Dette virtù assumono quasi una dimensione di doverosità per i Poliziotti chiamati a rispettare quel secolare patto giurato con il Paese ed i suoi cittadini, doveroso coraggio che assurge così a exempla virtudes, onorata ad imperitura memoria sugli Altari della Patria.
La Polizia di Stato vivifica i suoi Caduti in molteplici occasioni (Anniversario della Fondazione, Celebrazione dei Defunti, ricorrenza di tragici eventi), e dedica a queste figure di altissimo valore importanti manufatti commemorativi come monumenti, busti, lapidi, sacelli, targhe, stele marmoree e bronzee.
Inoltre vengono intitolati ai nostri Caduti molte delle proprie Caserme ed Uffici e anche le Amministrazioni locali, accomunate dal medesimo elevato sentimento, ricordano i loro concittadini, la cui storia è inscindibilmente legata alla realtà territoriale d’origine, dedicando loro pubbliche vie, piazze, giardini o luoghi comuni.

La memoria

L’iniziale idea per commemorare tutti i Caduti della Polizia di Stato fu quella di inciderne i nomi su targhe marmoree da collocare nella Scuola Guardie di Città, in via Garibaldi a Roma.
Successivamente fu progettata ma mai realizzata la statua commemorativa “il Dovere”, che avrebbe dovuto essere collocata all’interno dell’atrio del Ministero dell’Interno.
Occorre risalire alla fine degli anni ’20 per ritrovare la prima lapide, posta a ricordo di alcuni caduti per fatti accorsi in Ancona, collocata sulle pareti della locale Questura, a cui seguì, nei primi anni ’30, un’altra lapide affissa nella Scuola Tecnica di Polizia di Caserta.
Negli anni della seconda guerra mondiale, durante i quali il numero dei Caduti aumentò sensibilmente, fu palese l’esigenza di concentrarne la memoria in unico luogo.
Fu così inaugurato nel 1942 il Sacrario dei Caduti della Polizia nella allora Scuola Tecnica di Polizia-Scuola Ufficiali e Sottufficiali di P. S.. Il Sacrario raccoglieva una serie di lapidi appositamente realizzate, con i medesimi nomi del Martirologio della Polizia, cui si aggiunsero i caduti sul fronte balcanico-jugoslavo.
Sulle pareti del Sacrario si leggevano inizialmente nomi e storie di eroismo e dolore che avevano segnato il Paese a cui furono aggiunti quelli di altri uomini che attraverso il loro eroismo continuarono a scrivere la storia italiana fino alla fine degli anni ’70. Va notato che, per motivi ideologici e inopportunità politiche del momento, vennero volutamente ignorati i caduti della Polizia dell’Africa italiana (PAI), che si distinsero anche nella difesa di Roma dopo l’8 settembre del ’43. Oblio che riguardò anche alcune decine di agenti di pubblica sicurezza infoibati durante l’occupazione slava delle province istriane-dalmate, e altri caduti in servizio che continuarono ad operare sotto le insegne della Repubblica Sociale, tra le quali si rammenta il questore Giovanni Palatucci, Medaglia d’oro al merito civile, che si adoperò fino al martirio nell’opera di salvataggio nei confronti dei deportati ebrei verso i campi di sterminio. .

Il nuovo Sacrario

Nella piena consapevolezza di quanto sia importante vivificare il ricordo e l’insegnamento dei caduti in servizio per chi è chiamato alla professione di poliziotto e per la memoria collettiva del Paese, su impulso dell’allora Capo della Polizia, Giovanni De Gennaro, nel 2004 il Sacrario dei Caduti fu completamente rinnovato dal Maestro Mario Ceroli¹ . Al suo interno sono collocate oggi², circa 2515 targhe semitrasparenti che recano incisi ognuna, unico epitaffio del coraggio e della dedizione al dovere, il nome del caduto, la data di nascita e di morte.

L’inaugurazione

Venerdì 16 luglio 2004, nell’allora Istituto Superiore di Polizia, a Roma, alla presenza del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, viene inaugurata la Cappella completamente ristrutturata e il nuovissimo Sacrario, idealmente tutt’uno ma separato dalla Cappella e sistemato in un locale attiguo comunicante, a differenza del vecchio Sacrario.
Per l’occasione Ciampi disse: Questa cerimonia mi ha veramente toccato. Conosco il senso del dovere, questo memoriale è l’espressione della nostra riconoscenza verso chi, nell’interesse di tutti, ha sacrificato la sua vita.
L’artista Mario Ceroli, presente per spiegare il significato del suo lavoro, a sua volta disse: Credo che questo debba essere un luogo per tutti, un posto dove stare tranquilli, più che una chiesa tradizionale: un posto che ispiri la meditazione, che aiuti a riflettere sul proprio comportamento per cercare di essere migliore. Credo che il Sacrario dell’Istituto abbia quel significato: stare tranquilli e riflettere.
La cerimonia, officiata dal cardinale Giovanni Battista Re, fu semplice; nel suo saluto il cardinale disse: La polizia è veramente vicina alla gente perché è impegnata nella lotta al male in tutte le sue forme, da quelle violente a quelle subdole. Questa Cappella, questo Sacrario che ricorda i Caduti, devono essere uno stimolo a continuare nella difesa del bene, nell’interesse di tutti.
Alla data dell’inaugurazione, nel 2004, le lapidi erano 2388, da Felice Conti, morto il 18 luglio 1860 a Milano (il primo caduto di cui sia rimasta memoria scritta), ucciso mentre cercava di portare in questura alcuni criminali che stavano per essere liberati da un gruppo di complici, a Stefano Biondi, l’agente della Polizia Stradale caduto in servizio sull’autostrada nell’aprile del 2004.

Le lapidi

Di molti dei poliziotti caduti, ricordati dalle piccole lapidi, soprattutto per quelli caduti nell’800, esistono solo notizie frammentarie, come, oltre lo stesso Felice Conti, per Nicolò Strazzeri (forse Strazzieri) brigadiere di pubblica sicurezza ucciso il 24 novembre 1898 con un colpo di pugnale alla trachea, a Livorno, da uno sconosciuto che non sappiamo se fu mai arrestato. Sappiamo invece che furono arrestati gli assassini del maggiore dei Militi a cavallo Pietro Ilardi, ucciso a Palermo nel 1882 in uno scontro a fuoco tra il suo reparto e tre briganti che avevano sequestrato un notabile palermitano. Straordinario fu invece il coraggio con cui molti funzionari di pubblica sicurezza allo scoppio della Prima Guerra mondiale, pur essendo esentati dalla chiamata alle armi, lasciarono le scrivanie di molte questure per arruolarsi nell’esercito, combattere e morire. Anche loro hanno meritato un posto nel Sacrario della Polizia. Il maggior numero di morti, però, si ebbe con la Seconda Guerra mondiale: uomini della polizia morirono su tutti i fronti e con tutte le divise. In Africa, combattendo contro gli Inglesi, morì Luigi Orecchioni, di Arzachena (Sassari), il 17 agosto del ’40 a Lafaruk, in Somalia, con il grado di vicebrigadiere della Polizia Africa italiana (PAI). Il 9 settembre 1943, la guardia Pai Amerigo Sterpetti muore con identico coraggio nella difesa di Roma contro i reparti della Wermacht. Tremenda fu la morte di Santo Caminiti di Villa S. Giovanni (Reggio Calabria), guardia ausiliare di pubblica sicurezza, scomparso il 1° maggio 1945 a Trieste dopo l’ingresso delle truppe jugoslave di Tito e ritrovato due anni dopo dentro l’Abisso Plutone, una foiba profonda 115 metri sull’altopiano carsico. Sono quindici i poliziotti ritrovati nelle foibe friulane e istriane. Sono più di trecento invece quelli scomparsi nello stesso periodo in Friuli e di cui non si è più saputo nulla. Tra questi la guardia Aurelio Fabaz, di stanza a Trieste, che il 1° maggio 1945 fu prelevato a casa da un gruppo di partigiani, e da allora non tornò mai più.
Finita la guerra, cambiate le divise, le mostrine e lo “status” del Corpo, i poliziotti italiani continuano la loro guerra con i criminali. Esemplare il caso del commissario Aurelio Spampinato e del vice commissario aggiunto Armando Rinaldi, caduti il 3 settembre 1947, alla periferia di Palermo per i colpi d’arma da fuoco esplosi da un mafioso latitante che stava per essere arrestato. In questa guerra contro la mafia li hanno seguiti nomi a noi più noti: Antonio Cassarà, Roberto Antiochia, Giuseppe Montana, Lenin Mancuso, Boris Giuliano, Domenico Russo, tutti ricordati uno a fianco all’altro in questo Sacrario, pronti a raccontare le loro storie e a ricordare il loro esempio.
Il Sacrario, quindi, non contiene le spoglie mortali dei caduti di cui si fa memoria, ma il 17 dicembre 2013, per volontà testamentaria, a causa del forte legame affettivo che lo legava al luogo, vi furono deposte le ceneri dell’ex Capo della Polizia Antonio Manganelli, caso unico nel Sacrario, che sono oggi collocate in un angolo del Sacrario dentro una stele sormontata da una foto dello stesso Manganelli.

L’artista

Per la varietà degli interventi, la durata temporale (oltre un anno di lavoro), la qualità artistica e gli effetti di trasformazione degli spazi dell’Istituto (oltre il Sacrario e la Cappella, anche il Convivio-mensa e la Sala conferenze-aula Parisi), questo progetto di MarioCeroli costituisce una delle più importanti realizzazioni artistiche degli ultimi anni. Esso nasce dal dialogo e dalla collaborazione tra il vertice della Polizia di Stato Giovanni De Gennaro, il direttore dell’Istituto Mario Esposito e lo stesso maestro Mario Ceroli. Con il suo gesto creativo, l’artista dimostra il legame profondo che lo lega personalmente alle Istituzioni dello Stato, e suggerisce nel contempo una concezione nuova di impegno e di partecipazione degli artisti in quel senso, dando un diretto contributo culturale all’affermarsi di una società più moderna e più democratica, in una sorta di riconciliazione dell’arte contemporanea con le Istituzioni dello Stato stesso.


¹ Mario Ceroli nasce a Castelfrentano nel 1938, scultore di fama internazionale. La genialità di Ceroli è stata di lavorare per oltre 40 anni su materiali naturali, primo fra tutti il legno (ma anche terra, vetro, ghiaccio, stracci) per esaltare il senso intrinseco delle cose reali, celebrando il valore simbolico dell’opera.
² Ottobre 2015



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